martedì 1 maggio 2007

1 Maggio - La festa del Lavoro


ARBEIT MACHT FREI

Il signore è la potenza che domina l'essere, mentre questo essere è la potenza che pesa sull'altro individuo, così, in questa disposizione sillogistica, il signore ha sotto di sé questo altro individuo. Parimente, il signore si rapporta alla cosa in guisa mediata, attraverso il servo: anche il servo, in quanto autocoscienza in genere si riferisce negativamente alla cosa e la toglie; ma per lui la cosa è in pari tempo indipendente; epperò, col suo negarla, non potrà mai distruggerla completamente ; ossia il servo col suo lavoro non fa che trasformarla. Invece, per tale mediazione, il rapporto immediato diviene al signore la pura negazione della cosa stessa: ossia il godimento; ciò che non riuscì all'appetito, riesce a quest'atto del godere: esaurire la cosa e acquietarsi nel godimento [...]. Il signore che ha introdotto il servo tra la cosa e se stesso, si conchiude così soltanto con la dipendenza della cosa, e puramente la gode; peraltro il lato dell'indipendenza della cosa egli lo abbandona al servo che la elabora. [...]. Così si e prodotto un riconoscere unilaterale e ineguale. La coscienza inessenziale è, quindi, per il signore, l'oggetto costituente la verità della certezza di se stesso. E chiaro, però, che tale oggetto non corrisponde al suo concetto: è anzi chiaro che proprio là dove il signore ha trovato il suo compimento, gli è divenuta tutt'altra cosa che una coscienza indipendente; non una tale coscienza è per lui, ma piuttosto una coscienza dipendente: egli non è, dunque, certo dell' esser-per-sé come verità, anzi la sua verità è piuttosto la coscienza inessenziale e l'inessenziale operare di essa medesima. La verità della coscienza indipendente è, di conseguenza, la coscienza servile. Questa da prima appare bensì fuori di sé e non come la verità dell'autocoscienza. Ma come la signoria mostrava che la propria essenza è l'inverso di ciò che la signoria stessa vuol essere, così la servitù nel proprio compimento diventerà piuttosto il contrario di ciò ch'essa è immediatamente; essa andrà in se stessa come coscienza riconcentrata in sé e si volgerà nell'indipendenza vera. [...] Mediante il lavoro, essa [la coscienza] giunge a se stessa. Nel momento corrispondente all'appetito nella coscienza del signore, sembrava bensì che alla coscienza servile toccasse il lato del rapporto inessenziale verso la cosa, poiché qui la cosa mantiene la sua indipendenza. L'appetito si è riservata la pura negazione dell'oggetto, e quindi l'intatto sentimento di se stesso. Ma tale appagamento è esso stesso soltanto un dileguare, perché gli manca il lato oggettivo o il sussistere. Il lavoro, invece, è appetito tenuto a freno, è un dileguare trattenuto; ovvero: il lavoro forma. Il rapporto negativo verso l'oggetto diventa forma dell'oggetto stesso, diventa qualcosa che permane; e ciò perché proprio a chi lavora l'oggetto ha indipendenza. Tale medio negativo o l'operare formativo costituiscono in pari tempo la singolarità o il puro essere-per-sé della coscienza che ora, nel lavoro, esce fuori di sé nell’elemento del permanere: così, quindi, la coscienza che lavora giunge all’intuizione dell’essere indipendente come di se stessa. […]. Così, proprio nel lavoro, dove sembrava ch'essa fosse un senso estraneo, la coscienza, mediante questo ritrovamento di se stessa attraverso se stessa, diviene senso proprio. (Georg Wilhelm Friedrich Hegel, "La fenomenologia dello spirito")

2 commenti:

Renato ha detto...

Perfetto. Dall'attenta disamina del grande filosofo tedesco è possibile cogliere immediatamente alcuni concetti fondamentali che bisogna,ora,ricontestualizzare nella nostra epoca.
Il moto circolare con cui l'essenza dipana il suo essere,attraverso momenti successivi e mai accidentali,rivela come astrattamente la causa stessa del suo agire, ma soprattutto del suo intuire,raccolga e faccia propri quegli elementi che l'assoluto genera a testimonianza della propria univocità. La coscienza che prende atto di se,ma che non è ancora in se e per se, mediante il lavoro asseconda la propria, innata, natura ossia coinvolge il suo appetito,unitamente al suo ente,in un intreccio di coinvolgimenti reciproci sintomo ed evidente manifestazione,d'una ben più grande ricchezza.
Evidente è l'intento di Hegel quando afferma "Il rapporto negativo verso l'oggetto diventa forma dell'oggetto stesso, diventa qualcosa che permane; e ciò perché proprio a chi lavora l'oggetto ha indipendenza."
Semplicemente geniale è la semplicità con la quale esprime questo delicatissimo rapporto tra le parti.
Mi sia consentito un plauso alla chiarezza espositiva e formale dell'opera hegeliana da lei riportata sul suo blog.
Come il ginnasta che rende semplice e tranquillo il suo esercizio altrettanto leggermente Hegel spiega e argomenta la sua tesi.

V.C. ha detto...

Dove l'hai copiata questa recensione eh renà?