IL DIO VISIBILE
mercoledì 14 febbraio 2007
Dal Maud.it numero 10 del 09 Feb '07
IL DIO VISIBILE
Parafrasando Marx: la svalutazione del mondo degli uomini va di pari passo alla valorizzazione del mondo delle cose. E la cosa, l’oggetto per antonomasia, quello che da solo può permettersi di possedere tutti gli altri, questo valore onnipotente è oggi il denaro, quel “dio visibile” come già amabilmente lo apostrofò Shakespeare. Ma il feticismo che questo nostro nuovo archè comporta è di per sé disumanizzante: è ciò che già Simmel indicò con la formula dell’oggettivizzazione della soggettività. E così il denaro diviene la misura di tutte le cose, l’unico vero autentico criterio di giudizio a cui potersi appellare. Ed ecco che non esiste più il bello né il brutto; né il buono e il cattivo. E neppure il giusto si distingue più da ciò che non lo è. Basta soltanto un piccolo sacrificio (economico) ed ogni cosa si trasforma nel suo perfetto contrario. Così anche chi sta dalla parte del torto, con un minimo sforzo, può permettersi tutta la ragione di cui ha bisogno. I valori vengono così rimessi fatalmente in discussione, praticamente svuotati d’ogni significato. Oggigiorno non si può nemmeno più parlare d’ontologia. Perchè dov’era l’essere è di fatto subentrato in ogni sua parte l’avere! Io sono ciò che ho, ciò che possiedo. E valgo soltanto nella misura in cui riesco ad apparire. E’ come se l’accidente di per sé avesse sostituito la stessa essenza: categorie che vivono indipendentemente da loro sostanza. Ed è questo anche il criterio del nuovo rapporto dialogico: non più il confronto, ma la dialettica alienante del bisogno e del suo soddisfacimento.
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